FILOSOFIA DI GIOCO
Come riscoprire una passione cambiando filosofia di gioco
Il mio primo contatto con i giochi di ruolo, D&D per l’esattezza, fu circa venti anni fa, invitato a partecipare ad un gioco che presumevo da tavola, mi fu data la scheda personaggio di un giocatore, per l’esattezza una giocatrice, in quel periodo assente. Il bello della vecchia edizione di D&D è che ti ritrovavi a giocare senza sapere neanche come funzionava il gioco ed apprendevi le regole essenziali man mano che il gioco stesso si sviluppava. All’epoca non mi chiesi affatto se c’era una filosofia di gioco ma mi lasciai semplicemente prendere o per meglio dire affascinare dalle caratteristiche di quel tipo di gioco che mi permetteva di dar libero sfogo alla mia fantasia. Man mano che il gioco si impossessa di te, la fame di conoscenza per regole, incantesimi, abilità, combo ed in seguito talenti, multi classi e classi di prestigio prende il sopravvento portandoti ad una frenesia per le regole che fa passare in secondo piano la parte più bella del gioco stesso, l’interpretazione di personaggi fantastici in un mondo fantastico. Portato con “l’inganno”, dai …. solo per questa volta …. Tu hai molta fantasia …. Ecc., a masterizzare la mia prima partita, mi si aprì davanti un nuovo mondo, quello del Master, anche se ahimè purtroppo mi si chiudeva per sempre quello del giocatore. Sì perché solo una volta che fai il Master e prendi seriamente il nuovo ruolo, ti rendi conto di tutta una fase di gioco che prima non valutavi, e più fai esperienza più diventa difficile tornare a fare il giocatore specialmente se il Master con cui vai a giocare non ha una grande esperienza o una particolare originalità. Non tutti sono portati per fare il Master, certo tutti possono farlo ed in molti fra giocatori o Master stessi non sapranno mai cosa veramente voglia dire fare il Master. Le ultime edizioni di D&D hanno affrontato questo problema con filosofie molto diverse, la 3.5 ha fatto tesoro di tutte le edizioni passate mettendo a disposizione dei Master innumerevoli possibilità di personalizzazione, ambientazioni e regole, la 4° ha ridotto e rivisitato l’intero universo di D&D per cercare di dare una sensazione nuova e moderna e nel frattempo ha tradotto in regole comportamenti ed esperienze che i Master più esperti da anni applicavano con parsimonia ed oculatezza. Da parte mia ho preferito l’approccio della 3.5 che per me ha rappresentato l’apice di un’evoluzione del gioco, probabilmente un nuovo giocatore troverebbe ottimo anche l’approccio della 4° edizione, i gusti son gusti. Dopo anni di gioco il poco tempo da poter dedicare e le responsabilità, interessi, lavoro ed altro hanno reso arduo continuare a giocare. Ritrovatomi a giocare ad un’età adulta ho potuto constatare che il gioco pur mantenendo il suo fascino mancava però di qualcosa. Un adulto non si lascia prendere facilmente dall’atmosfera dell’ambientazione, a volte il gioco rappresenta solo una scusa per poter frequentare i vecchi amici o un momento di rilassamento o una fuga nel tempo per re immergersi in regole, manuali e quant’altro che ti distraggano dalla rutine quotidiana. A questo punto ho iniziato a meditare sulla filosofia di gioco, perché giochiamo? Come dare al gioco un approccio più adulto o per meglio dire che coinvolga di più un adulto, un vecchio giocatore incallito? |